Mattynata inchasynata

toh! Guarda che ryma!

Mattinata pesa, con megainchontro per discutere degli ultimi risultati. Ma nel pomeriggio ho già in programma un flashback deeWertentisssimo!

Parleremo con il Prof. Pacini degli stati uniti (34)!!

Non mi va!

Ci sono delle cose che mi vanno, mi piacciono e le faccio al volo. Altre invece cerco di mandarle avanti e di rimandarle il più possibile, altre invece cominciano con entusiasmo e finiscono nel dimenticatojo (ho un articolo nel cassetto da TRE anni)…Sto parlando di lavoro, o meglio degli articholy che scrivo per lavoro.

Oggi devo chiuderne uno cominciato un anno fa…e non mi va! Non mi va proprio! Non si tratta solo di mancanza di voglia, ma di mancanza d’ispirazione e motivazione. Ci sono degli articoli che nascono in un pomeriggio, ma non dal nulla…da mesi (o anni)  di lavoro, da prove, simulazioni, conferme sperimentali…sono solidi, hanno la loro motivazione…aprono e/o chiudono problemi, o più semplicemente danno il loro contributo alla scEnza.

Ci sono lavori che si scrivono praticamente da soli. Questo non è uno di quelli…questo è una tragedia. Si appoggia su di un risultato sperimentale carino, ma che andrebbe investigato meglio…in preda al dubbyo ne parlai con Joe, mi disse: “OK, mandalo, scrivi cose semplici, il risultato c’è”. Nonostante questo notevole incoraggiamento, continua a non piacermi, continuo a pensare che sia un lavoro insulso, basato su prove non solide, scientificamente scarso, che poco o nulla aggiunge a quello che già sapevamo, insomma…un epsilon! Ma ci abbiamo lavorato in tre, sono stati fatti degli esperimenti e tutto sommato sarebbe un pecchato buttare via il lavoro fatto.

Tutte le volte che prendo l’incartamento “BZ_GRP” mi si svuota la testa…scrivo una mezza pagina, la cancello…la riscrivo…ok andiamo avanti…si..ma quella figura è bruttina, rifacciamola…cazzo! Ora devo cambiare il testo che la descrive…e tutto questo può durare una mattinata…e una pomeriggiata! Adesso sono in fondo…mi manca un pezzo d’introduzione…l’avrò riscritta 100 volte, seNpre diverZa…oggi è la volta buona…ho trovato un pajo di articholi che fanno al caso mio e forZe  il cerchio si chiuderà…ma non ho manco voglia…altrimenti perché sarei qui a scrivere?

Tornado

No…non ho sbagliato la dentale…ma è la prima parola che mi viene in mente per descrivere lo stato del mio ufficio prima della partenza per DD…

In effetti, quando lavoro tendo “un pelino” ad allargarmi…Lavorando su molte cose tendo ad occupare spazio in modo selettivo, per argomenti: il PRE in un posto, i tesisti in un altro, la collaborazione con tizio (e relativo materiale) da quella parte ecc…poi mi allargo…in termini tecnici si chiama diffusione. Solo che io tendo a diffondere un po’ troppo…e dopo un po’ le postazioni si fondono e la mia stanza  si trasforma in un campo di battaglia…tipo questo qui sotto, solo un po’ più incasinato.

Ad Aprile, durante la gyta dresdese, hanno smantellato un laboratorio e ne hanno trasferito parte del mobilio anche nel mio dipartimento…ne avevamo bisogno…diciamo che i nostri arredi erano degni più di un rigattiere che di una struttura universitaria…adesso ho delle scrivanie decenti a mia disposzione…pecchato che abbiano dovuto svuotare quelle vecchie, e che abbiano dovuto portare via la parete attrezzata che usavo come tutteria… E qui casca l’asyno (und hier fällt der Esel)…Per chiarire, forZe è meglio speciFICAre che:

1) Tendo ad accumulare tutto…specialmente libri e articoli…che molto spesso ritrovo in doppia/tripla copia.

2) Nei cassetti delle scrivanie avevo di tutto: pipe, sigari, acquerelli, cartaccia, libri…

3) Ricordo solo il 10% di quello che ho in ufficio.

Per telefono mi avevano detto: “Abbiamo svuotato tutto e messo da una parte”… e altri “ti metterai le manE nei capelli”… già temevo il peggio…Invece…Ecco quello che ho trovato:

upphicyo.jpg

Tutto perfettamente in ordine…e ho pure trovato un toscano! Adesso me lo sto fumando in pace…pensando a quanto tempo dovrà rimanere la mia roba su quella scrivania…Secondo voi?

Lavoro

Che dia dignità, non sfruttamento.
E che serva per vivere, non per morire.

Il merito non basta

Le università itaGliane producono ed esportano ogni anno fior fior di ricercatori, che dopo una laurea, un dottorato di ricerca, un postdoc (magari all’estero) ed un assegno di ricerca, misteriosamente prendono la strada per l’estero…posti gettonatissimi USA ed Inghilterra. In pratica, dopo che il sistema universitario italiano si fa il chulo per formare un ricercatore, che succede? Che questo emigra. E all’estero lo accolgono a braccia aperte…per forza! Hanno tra le mani una persona valida che dal punto di vista della formazione ottengono a costo ZERO.

Cosa spinge una persona tra i trenta ed i quaranta a prendere baracca e burattini e levarsi dal cazzo? Semplice…qui non c’è posto…o meglio…il posto c’ è ma spesso è occupato dal figlio/nipote/amante/ecc. del barone di turno.

La Gelmini (sisi, lei…la capra col ministro intorno) dice che ci vuole un sistema di selezione meritocratico, cioè bisogna valutare le persone sulla base della loro bravura e non sul resto. Sono perfettamente d’accordo, ma come?

Nell’ambiente universitario il merito si misura principalmente con le pubblicazioni, più ne hai, più sei bravo. Cosa sacrosanta…Se io sono il figlio di XXX e sono bravo, non devo per forza essere tacciato di nepotismo…sono bravo e quindi merito a prescindere il posto. Il problema è come si valuta il merito. Le pubblicazioni non bastano. Io ho visto costruire dei curricula scientifici a gente che non sapeva nulla. Ecco come:

Un tipico dipartimento universitario è composto da uno o due ordinari, degli associati, dei rcercatori, degli assegnisti, dei post-doc e dei dottorandi. Mettiamo il caso che ci sia il figlio/nipote/ecc. di che deve fare un concorso, ed essendo un inetto non ha uno straccio di pubblicazione. Che si fa?

Semplice, se i dottorandi, i post-doc e gli assegnisti fano il loro lavoro, ogni anno ognuno di loro produce una o due pubblicazioni. Bene..il capo del gruppo (il barone di turno) per ogni lavoro prodotto decide i nomi da mettere, e (guarda caso) il nome del nostro compare sistematicamente. Dopo tre o 4 anni, il nostro incapace ha un curriculum da fare invidia…pur non sapendo cosa sia scritto nelle pubblicazioni! Prima del concorso gli basta studicchiare qualcosa, imparare a pappagallo gli articoli, presentarsi di fronte ad una commissione precedentemente costruita ad arte (sempre dal solito barone in combutta con gli altri suoi pari) ed il gioco è fatto.

Questa cosa l’ho vista succedere non una, ma ben due volte, e succederà (come minimo) ancora una terza. E poi dicono che la legge 133 è contro i baroni…col cazzo! Se tagli i posti, rimangono solo per i parassiti. È la condanna dell’università italiana, che rimarrà in mano a degli inetti.

Così, semplicemente.